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Obama sì, i diritti civili forse

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di MARIANNA MASCIOLETTI – Elezioni negli Stati Uniti: ed è subito tifoseria, anche da noi.

Il tasso di emissione di luoghi comuni da parte della stampa italiana si innalza drammaticamente in prossimità dell’importante appuntamento, e soprattutto dopo, roba che le Olimpiadi al confronto non sono niente.

L’America profonda, quella meno profonda e quella dove coi piedi si tocca, i grandi spazi dell’America (pure per parcheggiare, invidia di ogni cittadino romano), il sogno americano alternativamente vivo, morto, svenuto, spezzato, ripreso, cambiato, tornato, rivendicato. Commentatori che accusano altri commentatori di aver studiato troppo poco per poter fare i commentatori. E certo, poi, il complotto demoplutomassonicogiudaico per cui chiunque vinca non conta niente, perché tanto sarà comunque servo di banche, massoneria e poteri forti, che ve lo dico a fare.

C’è da dire che il vincitore di oggi, quel Barack Obama il quale (secondo una battuta che gira in rete) “eredita dal suo predecessore un Paese in gravi difficoltà“, ci mette del suo per non smentirli, i luoghi comuni: famigliola felice, ti amo Michelle e tutta l’America con me, il meglio deve ancora venire, respect per l’avversario, perfino il motto “Forward“, che a qualcuno potrebbe ricordare l’ “Andiamo avanti” di berlusconiana memoria: tutte cose talmente scontate che a commentarle restano giusto gli editorialisti italiani.

I più comici, però, restano i politici di casa nostra, soprattutto nell’area di sinistra, che si congratulano col presidente riconfermato, cercando di dare a intendere che insomma, sì, Obama ha vinto, ma per una qualche misteriosa proprietà transitiva avrebbero vinto anche loro, di più e meglio. Contro la realtà, soprattutto, aggiungiamo noi, che di epocali vittorie dei vari progressisti twitteristi, negli ultimi tempi, abbiamo poche tracce, e che soprattutto, anche da parte di quelli che qualche vittoria l’hanno conquistata, di progressi ne vediamo pochini.

Rispondere che Obama ha vinto anche sfruttando dei personaggi che alla sinistra de noantri non sono esattamente simpatici, come quel Marchionne nemico pubblico numero uno di molti entusiasti fan del presidente, o come quello Springsteen a cui molti guardavano arricciando sdegnosamente il nasino di fronte a tanta retorica nazional-popolare? Inutile, come pure ricordare le bandiere americane bruciate in quei cortei che, fino a qualche anno fa, formavano la constituency di tanti acritici filo-obamiani di oggi.

No, lasciamoli sognare, chissà che, sognando sognando dell’America, nelle loro menti arrivi finalmente a farsi strada qualche pensiero lontanamente liberale, non si sa mai, più probabile nel sonno che da svegli.

Però ecco, da chi si autodefinisce “progressista”, ci aspetteremmo, più che applausi a scena aperta per un’elezione in cui, in fin dei conti, bisognava scegliere il male minore, qualche twit di sostegno a Obama in meno (che anche se non twittate per qualche minuto Barack vostro sopravvivrà lo stesso, tranquilli) e qualche commento in più su altre notizie, forse più importanti, da un punto di vista di progresso civile, della riconferma del presidente uscente: consultazioni popolari in Colorado e altri Stati hanno decretato la legalizzazione della marijuana e il via libera alle nozze gay.

Su questo, stranamente, poco e niente abbiamo sentito, da parte della sinistra di quaggiù, e non ci rassegniamo a credere che sia per via di una sbornia di idromele a chilometri zero, presa per festeggiare la vittoria.

No, è solo che saltare sul carro del vincitore è più facile e meno rischioso se il carro è grande e visibile, e se dentro c’è un po’ di tutto. Ma anche lì, tra poco, gli ignavi dei diritti civili non saranno più tanto a loro agio. Leggere per credere, e viva l’America.


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